I CORPI ESTRANEI

 

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Festival Internazionale del Film di Roma

I CORPI ESTRANEI

di Mirko Locatelli

Italia, 2013, 98 min.

Antonio è solo a Milano con il suo bambino, Pietro, affetto da una grave malattia: sono arrivati al nord per cercare uno spiraglio di salvezza. Jaber, quindici anni, vive con un gruppo di connazionali: è migrato in Europa da poco, in fuga dal Nord Africa e dagli scontri della primavera araba. L'ospedale è una città nella città dove entrambi sono costretti a sostare: Antonio per guarire Pietro, Jaber per assistere il suo amico Youssef. La malattia è l'occasione per un incontro tra due anime sole e impaurite, due "corpi estranei" alle prese con il dolore.


Regia
Mirko Locatelli

Cast
Filippo Timi, Jaouer Brahim

Prodotto da

Fabio Cavenaghi, Paolo Cavenaghi, Mirko Locatelli, Giuditta Tarantelli

una produzione

STRANI FILM con OFFICINA FILM e Deneb

con il sostegno di

Distribuito da STRANI FILM
in collaborazione con MARIPOSA CINEMATOGRAFICA

Soggetto e sceneggiatura: Mirko Locatelli, Giuditta Tarantelli 
Montaggio: Fabio Bobbio, Mirko Locatelli
Musiche: BAUSTELLE

Come raccontare la malattia di un bambino e il dolore di un padre? Con quali immagini? Ecco le prime domande che mi sono posto scrivendo I corpi estranei, come sempre insieme a Giuditta Tarantelli, co-sceneggiatrice e co-produttrice dei miei film.
Abbiamo pensato a due parole chiave: dignità e pudore.
La dignità di Antonio, eroe silenzioso, lontano dalla famiglia per proteggere suo figlio; quella di Jaber, poco più che un ragazzino, che si muove quasi sempre nel buio, come fosse a guardia del corpo, ancora vivo, del suo amico Youssef; e quella di tut gli uomini e le donne che lottano per la sopravvivenza, propria o dei propri cari, nella corsia dell'ospedale come tra i bancali di un mercato notturno.
Il pudore, poi: quello che in fase di scrittura avevamo voluto appartenesse ai nostri personaggi, e con cui poi ho voluto raccontarli, come fossero protagonisti di un documentario, per tutelare i loro corpi, i loro sentimenti, i loro rapporti, quando si scrutano, si odiano, si aiutano o stanno fermi ad aspettare nella speranza che qualcosa, attorno a loro, possa cambiare.
Mirko Locatelli

Rassegna stampa

il film di Locatelli è propositivo, non angoscia, mostra la metamorfosi del personaggio, interpretato da Filippo Timi, attore straordinario che qui raggiunge risultati impensabili […] il film stesso prima di vederlo è un corpo estraneo che ci diventa consanguineo, specie se raccontato da Locatelli con lo stile di un'istantanea del dolore ma anche della tenerezza e della dolcezza del padre.
Maurizio Porro - Corriere della Sera

Un film che non cerca di compiacere lo spettatore, certo; non cerebrale, però: anzi, emotivamente intenso nel suo linguaggio severo ma necessario.
Roberto Nepoti - La Repubblica

è un film che senza retorica sa raccontarci il sentimento della fragilità contemporanea diffusa: privata, collettiva, dei nostri tempi, del nostro mondo. E lo fa sperimentando una forma
cinematografica lucida, tesa, commuovente, segno di quel cinema italiano «inclassificabile» che nasce fuori dal sistema e forse è per questo il più vitale.
Cristina Piccino - Il Manifesto

il film chiede molto, con il suo incedere di sofferto pedinamento, la sua liminarità tra fiction, documento e qualcos’altro che trascende entrambe le categorie, pone domande a cui non vuole rispondere: ma ripaga in pari misura concedendo attimi di sconvolgente intensità e verità.
Filippo Mazzarella - Corriere.it

Nella dimensione di grigiore dell’anima dell’ospedale, Antonio e Jaber non abitano i luoghi, l’estraneità è il loro unico denominatore comune. Locatelli non insegue l’incontro fra i due; pedina, piuttosto, la loro non appartenenza (all’ambiente, alle comunità, l’uno all’altro). Trovando la via di un realismo asciugato di ogni retorica, anche nel campo minato di un reparto di oncologia pediatrica.
Ilaria Feole - Film Tv

I corpi estranei è anche la storia di un uomo in attesa, che trova in Filippo Timi un'incarnazione straordinaria. Difficile dimenticare la sua interpretazione, tanto aderente alla situazione essa appare, così scarnificata e dolente, così vera, risultato ulteriore di un discorso cinematografico che proprio sul lavoro nella quotidianità, sull’immersione nel contesto, nella mimetizzazione della macchina da presa si fonda. L’interazione tra il protagonista e il bravo Jaouher Brahim (al suo esordio) è frutto di questo lavoro.
Luca Pacilio - Gli Spietati

I corpi estranei conferma che per il suo regista il cinema non ha senso laddove non c’è disagio, questo deve affondare nel conflitto, in quell'“endemica irrequietezza evolutiva” che porta gli antagonismi a venire allo scoperto, deve sondare i punti deboli tanto dei personaggi quanto dei meccanismi narrativi, così come delle abitudini spettatoriali.
Matteo Marelli - Cineforum.it

Il suo sguardo sensibile non si trasforma mai in giudizio, né cede a facili compromessi; mantiene invece la giusta distanza, affidandosi alle immagini e alle parole, specie quelle non dette, che segnano indelebilmente lo schermo e restituiscono, pur nella finzione cinematografica, qualcosa di profondamente vero.
Luigi Abiusi - UZAK

E i chiaroscuri del lavoro sul suo corpo e sul suo volto non sfuggono ai perfetti sistemi sensori di una macchina registica sensibilissima, che sa muoversi bene. Girare bene. Che vuol dire accorgersi di non accorgersi che la telecamera guida non tanto l’azione ‘a puzzle’ sullo schermo, ma i pensieri di chi ne collega le tessere.
Roberto Silvestri - Pagina99